Nella agricoltura biologica si sfruttano sinergie ed antagonismi naturali per favorire la produzione agroalimentare minimizzando l'impatto ambientale. Tipico dell'agricoltura biologica è ad esempio l'impiego di ovini per contrastare le infestanti, il contenimento della popolazione di roditori favorendo l'insediamento di rapaci notturni come gufi e civette, la riduzione della popolazioni di insetti favorendo la presenza di insettivori, l'adozione di sistemi di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue, etc etc etc. I veleni e le pratiche dell'agricoltura convenzionale sono vietati.
La coltivazione biologica è una tecnica complessa perché spesso richiede di operare a 360 gradi e per 365 giorni all'anno creando un vero e proprio ecosistema in cui le azioni del coltivatore favoriscono dinamiche naturali che garantiscono di ottenere prodotti di buona qualità.
Per la verità, l'approccio rigorosamente biologico è adottato da pochissimi coltivatori perché poco produttivo ed economicamente sconveniente. Il termine è quindi trattato con una certa flessibilità ammettendo nella coltivazione biologica anche l'uso di concimi, trattamenti e lavorazioni che limitano l'impatto ambientale ma di certo non sono un tocca sana per l'ambiente. Con questa accezione del termine, le Aziende Biologiche in Europa sono comunque poche e forse non superano l'uno per cento.
Tra agricoltura convenzionale e biologica esiste un continuum lungo il quale si collocano le Aziende Agricole dalle meno virtuose alle più virtuose. Spesso accade che Aziende Biologiche siano meno biologiche di Aziende che non espongono alcuna etichetta. Questo perché per dichiararsi come Azienda Biologica è necessaria una certificazione rilasciata da appositi organismi. Tale certificazione ha un costo che possono affrontare solo le Aziende di una certa dimensione. Si verifica così che molte piccole Aziende non risultano biologiche pur avendo approcci estremamente sostenibili.
Nella coltivazione biologica dell'ulivo si opera in modo da creare l'ecosistema uliveto biologico dove il contadino, con le sue azioni, è parte integrante di questo ecosistema. Le pratiche biologiche sono in continua evoluzione è non c'è nulla di definitivo specie per quanto concerne i trattamenti. Nuovi approcci, sempre meno invasivi, vengono sperimentati in uliveti pilota ma i tempi per verificarne l'efficacia sono lunghi.
Esistono tuttavia dei capi saldi che possono essere presi a riferimento.
- Scelta di cultivar adatte, preferendo piante autoctone capaci di resistere alle condizioni climatiche del luogo e più resistenti alle malattie ed attacchi parassitari.
- Potatura che crei un corretto equilibrio della pianta in relazione al terreno per ottenere una regolare e buona produzione
- Eventuale nutrimento del terreno con ammendanti e concimi organici
- Mantenere i terreni inerbito con taglio regolare dell'erba ed argini e zone marginali adatte ad ospitare fauna selvatica
- Trattamenti con prodotti rameici (poltiglia bordolese, etc) che fungono come repellenti alla deposizione delle uova. Tali trattamenti possono essere coaudiuvati dall'uso di trappole come le magnet oli.
- Anticipo della raccolta subordinata al grado di invaiatura delle olive possibilmente lasciando pochi frutti sulle piante dove le larve potrebbero svernare (la raccolta anticipata riduce anche il quantitativo di olive al suolo).
Altri trattamenti a basso impatto ambientale possono essere presi in considerazione. La scelta di trattare non deve basarsi su criteri a calendario ma guidata dalla necessità. Per questo occorre un attento monitoraggio delle condizioni climatiche e della popolazione ed evoluzione della mosca olearia.
Nessun commento:
Posta un commento