In attesa che venga coniato un nuovo termine per designare l'insieme di quei fenomeni come la share economy piuttosto che la gig enonomy, la chiamerò provvisoriamente self employed economy o freelance economy (ma anche DIY economy potrebbe essere azzeccato, perlomeno è sintetico).
In parte mi fa pensare all'arte di arrangiarsi, già ben affermata anche prima dell'avvento di internet. Nell'arte di arrangiarsi però, chi ne era artefice, possedeva veramente l'indole del libero professionista e comunque non mancava di ingegno. Ora invece questa impressionante massa di individui, che a seconda dei casi possono essere chiamati freelance, liberi professionisti, precari, disoccupati,.. è in qualche modo convogliata in branco all'interno di ambienti virtuali dove mettere a disposizione di altri le proprie skill, i propri prodotti o i propri beni. Questo naturalmente facendo di tutta l'erba un fascio, perché esistono sempre le mosche bianche che magari diventano quelle che dirigono il branco.
Fatto sta che il fenomeno della DIY economy cresce esponenzialmente coinvolgendo una percentuale sempre più importante di lavoratori da un lato e di imprenditori, aziende e semplici individui dall'altro. La forza travolgente di questa crescita ha come propulsore la diffusione di numerose piattaforme web che consentono di mettere in contatto domanda ed offerta in un terreno estremamente fertile per il loro sviluppo: esiste la tecnologia adatta (internet, web, cloud, etc), una domanda lavorativa che si è spostata verso ambiti che ben si prestano a questo nuovo approccio (sviluppo software, content marketing, etc), una enorme massa di individui disponibili (freelance, precari, disoccupati, etc) e sempre più persone e datori di lavoro che ne sanno sfruttare i vantaggi (ottimi risultati e minimo impegno).
Catalogare le varie sfaccettature di questo fenomeno è quasi impossibile. Sul fronte della gig economy esistono piattaforme come Upwork, Freelancer, Peopleperhour dove le prestazioni lavorative spaziano tra gli ambiti più disparati (realizzazioni di modelli 3D, grafica, editing video, sviluppo software, traduzioni, scrittura, virtual assistant, etc): piattaforme più dedicate per la scrittura di contenuti e traduzioni (Textbroker, Textmaster, Genko, etc); piattaforme come Mturk che richiedono l'esecuzione di micro task come la ricerca di indirizzi, ricerca immagini, etc.
E' poi, e qui siamo nella share economy, esiste il mondo di Uber dove autisti privati si rendono disponibili come taxisti, di Blablacar per condividere un percorso in auto, di Turo per dare in affitto la propria auto, di Airbnb che consente di dare in affitto una camera o appartamento, di TaskRabbit dove offrirsi per prestazioni lavorative, di Jamendo per vendere la propria musica, di Etsy dove è possibile vendere i propri prodotti artigianali ed opere d'arte,...
Il web suggerisce anche altre strade per guadagnarsi la pagnotta da freelance che vanno dall'aprire un blog con i suoi adsense, le affiliazioni, gli infoprodotti; i sondaggi retribuiti (e qui si tratta più che altro di briciole), il forex e le azioni binarie (qui invece c'è il rischio che la vostra pagnotta sia divorata da qualcun altro), i vari Lionbridge, Appen, Leapforse, iSoftStone,...
Naturalmente non bisogno scordare che anche i vari Indeed, Monster, Subito, Kijiji offrono la possibilità di lavorare come freelance ed anche di vendere i propri prodotti/servizi ma si tratta di approcci più tradizionali (potenziati dal web) di incontro tra domanda/offerta e non espressamente dedicati al popolo dei liberi professionisti.
Una peculiarità di questo fenomeno è che la forza lavoro, un tempo maggiormente impiegata all'interno di fabbriche ed aziende come dipendenti ora (per una percentuale che nei prossimi anni potrà raggiungere fino al 30%) è costituita quasi essenzialmente da singoli individui imprenditori di se stessi. E' il boom dei freelancer, della libera professione, certamente reso possibile da un contesto tecnologico ideale. Per l'entità dei numeri ci riguarda da vicino e, se da un lato costituisce una seria opportunità di lavoro e per molti anche accontenta la propria vocazione di lavorare per se stessi e magari da casa, è un mondo pieno di insidie. Ed è quasi scontato che sia così, trattandosi di un mondo lavorativo nuovo, senza regole e tutele, con una forza lavoro enorme ma disconnessa e pertanto senza forza contrattuale. Proprio questa peculiarità di essere individui soli che si avventurano in questo mondo senza poter contare sull'esperienza lavorativa di colleghi o di contesti lavorativi consolidati e rappresentati (come fabbriche ed aziende convenzionali) è facile incorrere in vere e proprie truffe o comunque in lavori di scarsa o improbabile profittabilità. Occhi aperti dunque!
In parte mi fa pensare all'arte di arrangiarsi, già ben affermata anche prima dell'avvento di internet. Nell'arte di arrangiarsi però, chi ne era artefice, possedeva veramente l'indole del libero professionista e comunque non mancava di ingegno. Ora invece questa impressionante massa di individui, che a seconda dei casi possono essere chiamati freelance, liberi professionisti, precari, disoccupati,.. è in qualche modo convogliata in branco all'interno di ambienti virtuali dove mettere a disposizione di altri le proprie skill, i propri prodotti o i propri beni. Questo naturalmente facendo di tutta l'erba un fascio, perché esistono sempre le mosche bianche che magari diventano quelle che dirigono il branco.
Fatto sta che il fenomeno della DIY economy cresce esponenzialmente coinvolgendo una percentuale sempre più importante di lavoratori da un lato e di imprenditori, aziende e semplici individui dall'altro. La forza travolgente di questa crescita ha come propulsore la diffusione di numerose piattaforme web che consentono di mettere in contatto domanda ed offerta in un terreno estremamente fertile per il loro sviluppo: esiste la tecnologia adatta (internet, web, cloud, etc), una domanda lavorativa che si è spostata verso ambiti che ben si prestano a questo nuovo approccio (sviluppo software, content marketing, etc), una enorme massa di individui disponibili (freelance, precari, disoccupati, etc) e sempre più persone e datori di lavoro che ne sanno sfruttare i vantaggi (ottimi risultati e minimo impegno).
Catalogare le varie sfaccettature di questo fenomeno è quasi impossibile. Sul fronte della gig economy esistono piattaforme come Upwork, Freelancer, Peopleperhour dove le prestazioni lavorative spaziano tra gli ambiti più disparati (realizzazioni di modelli 3D, grafica, editing video, sviluppo software, traduzioni, scrittura, virtual assistant, etc): piattaforme più dedicate per la scrittura di contenuti e traduzioni (Textbroker, Textmaster, Genko, etc); piattaforme come Mturk che richiedono l'esecuzione di micro task come la ricerca di indirizzi, ricerca immagini, etc.
E' poi, e qui siamo nella share economy, esiste il mondo di Uber dove autisti privati si rendono disponibili come taxisti, di Blablacar per condividere un percorso in auto, di Turo per dare in affitto la propria auto, di Airbnb che consente di dare in affitto una camera o appartamento, di TaskRabbit dove offrirsi per prestazioni lavorative, di Jamendo per vendere la propria musica, di Etsy dove è possibile vendere i propri prodotti artigianali ed opere d'arte,...
Il web suggerisce anche altre strade per guadagnarsi la pagnotta da freelance che vanno dall'aprire un blog con i suoi adsense, le affiliazioni, gli infoprodotti; i sondaggi retribuiti (e qui si tratta più che altro di briciole), il forex e le azioni binarie (qui invece c'è il rischio che la vostra pagnotta sia divorata da qualcun altro), i vari Lionbridge, Appen, Leapforse, iSoftStone,...
Naturalmente non bisogno scordare che anche i vari Indeed, Monster, Subito, Kijiji offrono la possibilità di lavorare come freelance ed anche di vendere i propri prodotti/servizi ma si tratta di approcci più tradizionali (potenziati dal web) di incontro tra domanda/offerta e non espressamente dedicati al popolo dei liberi professionisti.
Una peculiarità di questo fenomeno è che la forza lavoro, un tempo maggiormente impiegata all'interno di fabbriche ed aziende come dipendenti ora (per una percentuale che nei prossimi anni potrà raggiungere fino al 30%) è costituita quasi essenzialmente da singoli individui imprenditori di se stessi. E' il boom dei freelancer, della libera professione, certamente reso possibile da un contesto tecnologico ideale. Per l'entità dei numeri ci riguarda da vicino e, se da un lato costituisce una seria opportunità di lavoro e per molti anche accontenta la propria vocazione di lavorare per se stessi e magari da casa, è un mondo pieno di insidie. Ed è quasi scontato che sia così, trattandosi di un mondo lavorativo nuovo, senza regole e tutele, con una forza lavoro enorme ma disconnessa e pertanto senza forza contrattuale. Proprio questa peculiarità di essere individui soli che si avventurano in questo mondo senza poter contare sull'esperienza lavorativa di colleghi o di contesti lavorativi consolidati e rappresentati (come fabbriche ed aziende convenzionali) è facile incorrere in vere e proprie truffe o comunque in lavori di scarsa o improbabile profittabilità. Occhi aperti dunque!
Nessun commento:
Posta un commento