venerdì 27 maggio 2011

Quando le api sciamano

Di regina ce n'è una sola, così è per le api (ed anche a casa mia!). In primavera capita a volte che delle colonie di api decidano o siano costrette a migrare. Questo si può verificare per molteplici motivi:
  • perché la loro dimora o il territorio è divenuto inadatto
  • a causa di infestazioni, epidemie, malattie
  • perché la regina è troppo vecchia, poco fertile o comunque non più all'altezza
  • perché la popolazione si è sviluppata troppo
  • etc, etc, etc
sciame apiIn alcuni casi si tratta di un trasferimento dell'intera colonia, in altri di una separazione. Quando la regina è troppo vecchia con buon anticipo le api curano lo sviluppa di una o più larve selezionate nutrendole con pappa reale fino a renderle sessualmente fertili, una di queste sarà la nuova regina. A quel punto la vecchia regina sciama con un gruppo di fedeli al seguito. Qualcosa di analogo avviene anche nel caso di popolazione eccessiva dando luogo a due colonie una delle quali sciama.


alveare di api
Quando le api sciamano possono allontanarsi fino a 4 o 5 chilometri per ricomporsi in un luogo adatto per le loro esigenze e mettere su casa. A volte stazionano in luoghi provvisori prima di trovare una sistemazione definitiva (insenature naturali, intercapedini di un muro, etc). Casa mia è una delle loro tappe preferite. Ogni anno sciami di api si danno appuntamento proprio sotto la falda del tetto sulla facciata est della casa formando dei grappoli di migliaia di individui di dimensioni fino a 50 cm di diagonale.



Cosa fare in questi casi?
Una soluzione è quella di attendere qualche giorno e se quel luogo non è stato eletto a loro dimora definitiva sciameranno altrove. E' d'altronde possibile che quella colonia di api sia sciamata da un apicultore vicino che per legge ha il diritto di recuperare le sue bestiole. Diversamente potete chiamare  un apicultore che abiti nelle vicinanze. Sarà sicuramente grato di poter riempire un'arnia da aggiungere alle altre.

trasferire sciame api arniaPer un'apicultore le api sono importanti quanto le pecore per un pastore perché senza api... niente miele.
Un'arnia piena ha un costo di circa 250 euro ed esiste un mercato vero e proprio. Oltre alle arnie si vendono i telai, i fogli di cera, le tute protettive, le famiglie di api ed addirittura le api regina alla modica cifra di circa 12 euro l'una. Di solito queste vengono vendute dentro apposite scatolette chiuse da uno strato di zucchero che utilizzano per nutrirsi. In questo modo quando l'ape regina viene inserita in un'arnia resta alcuni giorni all'interno della scatolina dando modo alla colonia di abituarsi e riconoscerla come regina. Mangiato lo zucchero, l'ape regina si mischia con il suo popolo ed iniziare a regnare.

Lo sciame di quest'anno è giunto puntuale come sempre (il 21 maggio). E così ho chiamato un mio amico apicultore, Michele, che si è precipitato a casa mia con tanto di scala ed attrezzatura; non gli pareva vero.

Per trasferire lo sciame di api all'interno dell'arnia che aveva predisposto con nuovi telai ha dapprima calmato lo sciame spruzzando del vino con un atomizzatore (spruzzino) sul grappolo di api. Giusto una precauzione, in quanto in questo periodo ed in particolare quando sciamano, le api sono particolarmente inoffensive (specie quelle italiane). A questo punto ha posizionato l'arnia sotto al grappolo di api ed aiutandosi con un'assicella di legno le ha pian piano spostate nell'arnia. Sulla scala, bardato di tuta e con un'arnia tra le mani, l'operazione mi sembrava alquanto acrobatica ma tempo una decina di minuti era sceso dalle scale con l'arnia piena.

sciame api arnia affumicatore
Questa operazione ha esito positivo quando nell'arnia ci finisce anche la regina che è un fatto del tutto casuale perché, in quella massa di api, riconoscerla è pressoché impossibile. Ma qualora si riesca a spostare nell'arnia una buona percentuale di api la probabilità che tra queste vi sia anche l'ape regina è elevata. Noi siamo stati fortunati e la presenza della regina nell'arnia ha pian piano richiamato l'interesse delle api che ne erano rimaste al di fuori. Per convincere anche le più indecise (o confuse) che ancora ronzavano sulla parete dell'edificio si utilizza un piccolo mantice che sbuffa il fumo di un cartone bruciato (affumicatore). L'arnia viene poi lasciata li vicino affinché tutte le api si raccolgano. La sera, quando finalmente anche loro si riposano è il momento giusto per trasferirla insieme alle altre arnie.

miele di api acacia lavanda
In tutta questa operazione ho guadagnato un bel barattolo di miele.

Pensavo di aver concluso ma il giorno dopo verso le undici del mattino un'altra nube di api dopo aver sorvolato il tetto di casa si è radunata nel solito punto. Ma perché gli piaccia così tanto quel posto preciso rimane un mistero.

A questo link potete vedere le api in azione con un sottofondo di musica davvero azzeccata.


lunedì 23 maggio 2011

Nuovo tessuto traslucido fonoassorbente, fa passare la luce e non il rumore

I rumori sono fastidiosi.  Disturbano la comunicazione, riducono la concentrazione e la produttività degli individui e, in casi estremi, possono persino essere dannosi per la salute. Negli ambienti dove si lavora, si parla, ci si rilassa, sono necessarie superfici fonoassorbenti per rendere più piacevole la nostra vita.

Tuttavia buona parte dei materiali impiegati in edilizia come il vetro ed il cemento (i cosiddetti materiali duri) hanno scarse proprietà di attenuare il rumore. Per difendersi vengono spesso impiegati pesanti drappeggi in velluto che oltre ad attenuare i suoni oscurano gli ambienti.

Un'interessante soluzione potrebbe essere una tenda sviluppata da scienziati svizzeri e da una designer tessile che ha la proprietà di intrappolare i suoni e lasciar passare la luce. La tenda è infatti traslucida e la sua trama speciale si comporta come la gomma piuma rallentando le onde acustiche per attrito e trasformando l'energia sonora in energia termica.

Le tende sono state testate in una sala per seminari costruita appositamente per le misurazione acustiche ed è stato verificato che la loro capacità di assorbire i rumori è 5 volte superiore rispetto ai tessuti traslucidi tradizionali.

Potete trovare ulteriori info al sito del produttore.

mercoledì 11 maggio 2011

Bioenergia dal Whisky

Alcune delle più famose distillerie scozzesi sono in gara per la costruzione di un impianto di produzione combinata di calore ed energia elettrica che impiegherà come fonte primaria (combustibile) gli scarti provenienti dalla produzione del Whisky.

L'impianto sarà funzionante entro il 2013 ed è il primo progetto di centrale alimentata dai residui della distillazione del Whisky. Questi saranno forniti da 16 distillerie che operano nella zona dello Speyside, nel nord-est della Scozia, tra le quali etichette note in tutto il mondo come Glenfiddich e Chivas Regal.



I sottoprodotti dell'industria del Whisky sono costituiti da chicchi di cereali esausti chiamati comunemente trebbie. Nel processo di produzione del Whisky si fanno dapprima germinare le granaglie, in genere orzo, in appositi contenitori ottenendo il malto. Questo, dopo essiccazione viene indotto a fermentare mediante l'aggiunta di appositi lieviti trasformando gli zuccheri in alcool. Il mosto così ottenuto viene distillato in caratteristici alambicchi di rame con un collo a guisa di cigno separando per evaporazione le sostanze nobili (alcool e acqua). Dopo la distillazione, negli alambicchi, rimangono le parti solide del mosto e le sostanze meno volatili, le trebbie. 

Il progetto prevede di impiegare le trebbie mescolate con trucioli di legna per alimentare i bruciatori dell'impianto a biomassa. L'impianto sarà in grado di sviluppare oltre 7 MW di potenza. Parte del calore verrà riutilizzato nel processo produttivo di distillazione mentre l'energia elettrica prodotta verrà immessa in rete per soddisfare i fabbisogni di quasi 10.000 famiglie.

Per contenere ulteriormente l'impatto ecologico dell'impianto i sottoprodotti verranno forniti solo da distillerie che operano in un raggio minore di 40 chilometri dalla centrale. Altri sottoprodotti della distillazione, i cosiddetti pot ale, verranno trasformati in mangimi e fertilizzanti che saranno impiegati dagli agricoltori che operano nelle stessa area. Un interessante progetto di filiera corta per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

lunedì 2 maggio 2011

Vivere senza acqua e senza cibo, come una pianta, nutrendosi di energia solare

Si può vivere senza acqua e senza cibo? Un asceta indù di 83 anni, Prahlad Jani, sostiene di si e da 75 anni non tocca più cibo. La sua straordinaria capacità è resa possibile da una tecnica ascetica, il breatharianismo, che il santone sostiene di aver ricevuto come dono da una divinità all'età di 8 anni.

L'uomo è stato anche oggetto di osservazioni da parte del DIPAS, un istituto di ricerca indiano che si interessa di possibili tecniche e metodologie per sopravvivere in condizioni estreme quali guerre e terremoti.

Senza cibo e senza acqua veniva monitorato lo stato psicofisico del santone che a detta dell'equipe di medici che se ne occupava era ottimale. Molti hanno gridato alla bufala, che non è possibile e che l'uomo riceveva visite e forse biscottini sottobanco. Ed anch'io sono un po scettico.

Questa storia fece il giro del mondo già l'anno scorso ma io ne venni a conoscenza solo pochi giorni fa. Mi trovavo in Serbia in compagnia di mia moglie ed un'altra coppia di amici. Questi al rientro da una scampagnata ci invitarono a partecipare ad un breve rituale. Fissare il sole per alcuni secondi e poi chiudere le palpebre. Mi spiegarono che ripetendo questo esercizio con costanza e gradualmente prolungandone la durata ci si può saziare.

A me venne una gran fame ma il tepore del sole fu piacevole! Con grande difficoltà, per via della mia scarsa conoscenza del serbo, appresi comunque che si trattava di una tecnica ascetica che consente di nutrirsi di energia solare, come le piante, senza dover più ricorrere al cibo.

Alla teoria dell'uomo vegetale ci credo poco. Mi convince di più l'idea che sia possibile minimizzare le funzionalità entrando in una sorta di stand-by organico e che soprattutto occorra una grande stoicità. Ma se veramente fosse possibile ridurre le esigenze alimentari si risolverebbero i problemi della malnutrizione ed altre questioni ambientali. L'alimentazione infatti pesa molto sull'ecosistema.

Che si tratti di stato di stand-by o stato vegetale mi sembra in ogni caso qualcosa di molto simile all'annullamento di se stessi.

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